Di loro, sul web, non si trova molto:
alcune recensioni, tutte positive, tra cui quella di Mario
Evangelista su Musica Jazz, molte su blog e siti in lingua
inglese, poi alcuni link sulla distribuzione o per gli ascolti (che
poi puntualmente vi darò).
Ma per fortuna a volte capita che le
cose belle trovino te e ti facciano tornare la voglia di
condividerle. Sono contenta che il primo post su questo blog, dopo
tanto, riguardi I Giganti della montagna: un trio
fondato nel 2012 dal sassofonista e compositore siciliano
Ferdinando D'Urso insieme al pianista Lorenzo Paesani e
al violoncellista Federico Sconosciuto.
Due frasi mi hanno colpito nel
“dialogare” con Ferdinando D'Urso in occasione di questo post.
Una stava nella lettera che accompagnava il suo bel cd e diceva
“Spero che il cd ti piaccia come è piaciuto a noi farlo” e
l'altra tra le righe dell'intervista che gli ho mandato: “... tutto
quello che facciamo è un atto d'amore”.
Forse è questo il segreto, il piacere
e l'amore che mettono nel loro lavoro è palpabile e infatti ci sta
dentro tutto ciò che amano e che fa parte della loro formazione e
del loro vissuto: la musica d'arte occidentale, la musica
improvvisata, il jazz e la musica folk siciliana. L'obiettivo è
raggiungere quel mix perfetto che potrebbe essere chiamato, con le
parole di Gunther Schuller, terza corrente.
Cosa ne è venuto fuori? Un lavoro
inaspettatamente coerente, equilibrato e maturo.
A PROPOSITO DE “L'ARSENALE DELLE APPARIZIONI”
"L'Arsenale delle apparizioni",
pubblicato da SLAM Productions, rappresenta l'esordio discografico de
I Giganti della montagna.
Sia il nome del trio e il titolo del CD
fanno riferimento all'ultima opera di Luigi Pirandello. In questa
l'autore tratta della difficoltà che l'arte contemporanea incontra
nella ricezione del pubblico. A questo proposito, dice Ferdinando,
«viviamo lo stesso dramma di Pirandello che negli ultimi anni della
sua vita si trovava scisso nel rapporto con il pubblico.
Indubbiamente l’incomprensione è la piaga dell’arte
contemporanea ed è chiaro che la posizione di Cotrone, quella
dell’artista nella torre d’avorio, sembri la più semplice e
risolutiva. È vero anche però che senza l’ostinazione di Ilse,
che vuole portare l’opera al pubblico anche a rischio della propria
vita, non avrebbe senso continuare a fare Arte. Non abbiamo mai
meditato una posizione comune su questo punto ma, dalle lunghe
conversazioni notturne avute nella casa bolognese di Lorenzo, posso evincere che le frequenti frustrazioni non riescono a spegnere
in nessuno di noi la tentazione di essere Ilse. Quello che abbiamo
deciso di fare è perciò una pia medietas: non ci imponiamo come
l’eroina pirandelliana né ci ritiriamo come Cotrone. Piuttosto
invitiamo il pubblico a dismettere i pregiudizi e ad entrare nel
nostro “Arsenale” per vedere materializzate le nostre/loro
storie».
L'Arsenale delle apparizioni è il
luogo dove sogno e realtà si mescolano in una sintesi, dove si
esorcizza il negativo; vuole essere il posto dove ognuno potrà
riconoscere se stesso e la propria storia sovrapposta, confusa e allo
stesso tempo coincidente con quanto detto in note da I giganti della
montagna.
La realizzazione del disco è stata
resa possibile grazie a una bella intesa fra i tre musicisti,
racconta ancora Ferdinando D'Urso: «Il mio maestro di sassofono,
Carlo Cattano, mi ha sempre detto che per fare un disco ci vogliono
sostanzialmente due elementi: il repertorio e le persone con cui
farlo. Alcuni brani che si possono ascoltare nel disco sono nel mio
cassetto di compositore almeno dal 2008, ma non avevo mai incontrato
le persone giuste per portare a termine il progetto discografico. In
altre parole avevo avuto tanti “fidanzati” ma non avevo mai
pensato sul serio al “matrimonio”. Quando ho incontrato Federico
e Lorenzo ho capito subito che stavolta era arrivato il tempo di fare
un passo avanti; la certezza è arrivata con la prima improvvisazione
collettiva. Ci siamo trovati subito e abbiamo creato qualcosa di
bello: era pieno d’ascolto reciproco, di rispetto, d’intesa».
RECENSIONE
Third Stream/Jazz/Improvised music
Label: Slam Productions; Anno 2014.
Ferdinando D'Urso, alto sax - Lorenzo
Paesani, piano - Federico Sconosciuto, cello – Guest: Antonio
Moncada, drum on Al Qantar.
Al Qantar/Al gran sole (carico
d’amore?)/VN/Due frasi/Rest/Mamu/Concerto sacro/Ginestra/Estratto
da “Whisteling”
L'Arsenale delle apparizioni è un
album che cattura e rimane subito impresso, pur nella sua
complessità. Cerebrale ma accattivante, denso, ricchissimo di
spunti, incantatore, trasognato.
La combinazione degli strumenti è raffinata e la presenza del violoncello dona al disco un'atmosfera
cameristica che si fa a tratti straniante e minimalista.
Elementi di jazz mediterraneo e musica
mitteleuropea emergono e s'intrecciano per poi lanciarsi in ritmi
indiavolati in Al Quantar. Più melodica e distesa Al gran
sole (Carico d'amore) in cui il sax è poetico protagonista e
fantasioso improvvisatore. Gli fanno degna eco, e contrappunto al
tempo stesso, violoncello e pianoforte. Ingannatore l'incipit di VN,
un tema cantabile e nostalgico che lascia presto il posto a uno
scambio nervoso e sempre più serrato fra piano e sax, cui subentra
in un secondo momento un angosciante violoncello in una trama sempre
più rarefatta che si conclude riproponendo il tema iniziale in tono
minore. Due frasi è un brano malinconico e riflessivo, in cui
un raro equilibrio fra gli strumenti delinea un fraseggio intenso e
dolente che man mano diventa ritmo nevrotico in cui il violoncello
tesse fitte trame sbilenche.
Rest ha un mood più jazzistico,
molto giocato sul dialogo tra strumenti, quasi un rimpiattino
dall'effetto aspro, stridente ma divertente nella prima parte, e su
una melodia più cantabile del piano nella seconda. Mamu è
nitida e avvolgente, in equilibrio fra melodismo mediterraneo e
tradizione afroamericana. Un bell'assolo di sax si spiega sopra un
cupo sfondo dipinto dal violoncello e apre Concerto sacro, il
brano più lungo dell'album, che nella prima parte fa quasi pensare a
una narrazione, la struggente colonna sonora di un film malinconico.
Questo incipit costituisce una sorta di leit motiv del brano,
si ripresenterà inframezzato da motivi più spigolosi o allegramente
jazzistici. Squisitamente cameristica l'atmosfera di Ginestra,
piccolo gioiello che lascia presto il posto al brano conclusivo,
Estratto da “Whisteling”, pezzo drammatico e solare al
tempo stesso che, come tutto l'album, racchiude in sé la nostalgia
di un tramonto e il fulgore di un'alba.
Nel complesso un lavoro maturo, ben
strutturato, polimorfo. Piacevole già ad un primo ascolto grazie
alle influenze cameristiche e mediterranee, ma che pretende un
secondo e anche un terzo ascolto per poter cogliere, e quindi godere
appieno, di ogni sua immaginifica sfaccettatura.
LINK:
SOUNDCLOUD: https://soundcloud.com/i-giganti-della-montagna/sets/larsenale-delle-apparizioni
Facebook:
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- Band Page: I Giganti della Montagna
Twitter: @igiganti
Buy L'ARSENALE DELLE APPARIZIONI:
- http://www.amazon.co.uk/Larsenale-Delle-Apparizioni-Giganti-Montagna/dp/B00HJ9P4HY
- https://itunes.apple.com/gb/album/larsenale-delle-apparizioni/id786580154
INTERVISTA
Per chi volesse approfondire e
conoscerli meglio, di seguito uno stralcio dell'intervista a
Ferdinando D'Urso.
Chi sono I giganti della montagna?
Cosa amano, cosa odiano, cosa leggono, come descriverebbero se
stessi, la loro personalità.
Le nostre personalità sono abbastanza
sfaccettate. Certo tutti e tre pensiamo che la nostra ispirazione non
possa essere univoca: la musica è chiaramente centrale ma in essa
convergono tutti i nostri interessi. Lorenzo è un cinefilo accanito,
Federico ed io amanti della saggistica e del surreale. Tutti siamo
legati dall’amore per i grandi classici della letteratura
contemporanea fra cui gli interpreti della beat generation, Calvino,
Pirandello (ovviamente). Tendenzialmente cerchiamo di essere leggeri
nella migliore accezione che si vuol dare a questa parola: pertanto
tendiamo a non odiare niente, eccezion fatta per le aperte mancanze
di rispetto all’arte e agli artisti. Per il resto tutto quello che
facciamo è un atto d’amore.
Qual è la storia personale e il
percorso artistico di ognuno di voi?
Tutti e tre abbiamo seguito percorsi
all’insegna dell’eclettismo.
Io ho cominciato nella maniera più
usuale possibile: a otto anni, studiando pianoforte senza troppo
entusiasmo. A tredici ho cominciato con il sassofono lasciando il
percorso classico dopo un paio di esami in conservatorio (Solfeggio e
Pianoforte complementare). Grazie al jazz ho trovato un rinnovato
slancio nei confronti della musica e – qualche anno dopo – il Lab
PSL (del quale è possibile leggere in un mio articolo qui:
http://artearti.net/magazine/articolo/lab-psl) ha decostruito molte
sovrastrutture e mi ha aiutato a capire con quanta e quale libertà
ci si possa approcciare all’improvvisazione. Nel frattempo il mio
amore per la musica d’arte è rinato sempre più forte, in
particolare quello per la musica contemporanea, tanto da portarmi
decisamente verso i miei studi musicologici. L’approdo alle teorie
schulleriane di “terza corrente” – dei quali accenno nel
booklet del CD – è la sintesi di questo percorso a zig-zag fra classica e
jazz. Ad oggi sto studiando per l’ammissione al corso di
Composizione in Conservatorio.
Il percorso di Lorenzo è iniziato con
la musica classica fino al diploma, si è poi ridefinito tramite la
musica improvvisata – jazz e contemporanea – assecondando così
un bisogno di indipendenza e libertà rispetto ad una partitura
completamente scritta, fino ad arrivare alla composizione di colonne
sonore per cortometraggi e documentari che gli permette di legare la
passione per le arti visive all'improvvisazione.
Anche Federico non ha mai diviso la sua
formazione classica dalla passione per il rock e, dalla
conciliazione delle due anime, nasce uno spirito volto alla
ricerca intesa come viaggio d'esplorazione nel mondo delle
possibilità sonore. Da qui nasce l'esigenza della creazione di
un'identità eclettica ma al tempo stesso ben definita, in cui
l'ambiguità dell'ispirazione non contrasta con la riconoscibilità
della direzione musicale. Le fonti a cui Federico fa riferimento, da
Mozart ai Led Zeppelin, da Coltrane a De Andrè, sono come un
minestrone: ogni cucchiaiata non ha mai solo una verdura, ma il
sapore è dato dall'insieme degli aromi.
Come vi siete incontrati e come nasce
il vostro trio? Quali sono gli equilibri al suo interno?
Federico ed io eravamo colleghi, ci
siamo conosciuti a Bologna durante le lezioni della Laurea Magistrale
in Discipline della musica. È stato il classico colpo di fulmine: in
pochissimo tempo la nostra amicizia sembrava già consolidata come
dopo anni di frequentazione assidua. Infatti, siamo imbattibili a
Tabù.
Lorenzo invece l’ho conosciuto
durante i seminari di Musicologia e Giornalismo di Chieti in Jazz:
era uscito il suo disco “Wayne’s Playground” e lui era lì per
capire cosa macchinano i critici quando scrivono una recensione. In
quell’occasione ho scoperto che vivevamo nella stessa strada a
Bologna da almeno un anno e, paradossalmente, non ci eravamo
mai incontrati.
Avendo instaurato anche con Lorenzo
un’ottima intesa musicale e umana, ho intuito che i miei due amici
avrebbero dovuto conoscersi; sapevo che sarebbe nato un sodalizio
umano esplosivo e speravo anche una collaborazione musicale proficua.
Abbiamo cominciato a provare e tutte le mie speranze si sono rivelate
fondate.
Avendo cominciato a lavorare attorno
alle mie composizioni, che sono poi afferite nel nostro “Arsenale”, spesso viene demandato a me l’onere del comando ma in realtà
sono solo un portavoce. Il trio segue delle dinamiche molto fluide e
familiari: ognuno apporta la propria esperienza e spende la propria
creatività nella costruzione di un’opera collettiva. È come un
discorso in perenne divenire a partire dal tema iniziale: tra uno
spazio musicale e l'altro ascoltiamo quello che succede e permettiamo
che succeda, assumendoci rischi reciproci, modificando di volta in
volta il percorso per creare assieme nuove prospettive da dare al
brano, scegliendo (più o meno coscientemente) una direzione.
In questo modo evitiamo la stasi o la
monotonia e il risultato è sempre diverso, pur avendo come base di
partenza e di arrivo lo stesso tema, che in nuce contiene tutte le
possibilità immaginabili e quindi anche nessuna.
Se il nostro viaggio musicale fosse un
film, potrebbe assomigliare a Smoking/No Smoking di Alain Resnais.
Domanda di rito per la chiusura:
progetti futuri? Avete concerti in programma?
Stiamo ultimando un nuovo lavoro
discografico realizzato insieme ad un grande nome del jazz siciliano.
Non voglio ancora dare troppe anticipazioni ma si tratterà di un
lavoro abbastanza diverso da “L’arsenale delle apparizioni”: il
repertorio contiene composizioni di tutti e quattro e molto è
lasciato all’improvvisazione collettiva. Rispetto al primo progetto
abbiamo cercato di ridurre al minimo le parti scritte che diventano
solo appunti grafici o brevi temi dai quali partire o ai quali
approdare. Il nuovo lavoro metterà in luce la nostra parte più
creativa e sfrutterà la sempre maggiore comunione d’intenti del
trio.
A cura di Manuela Angelini
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