venerdì 10 agosto 2012

ANDREA BONIOLI: SGUARDO IRONICO E PROVOCATORE SULLA MODERNITA'





ANDREA BONIOLI classe 1974, sguardo penetrante dietro agli occhiali da intellettuale, sembra saperla lunga: osservatore attento, ironicamente critico ha saputo infondere nella sua musica "docile" le proprie impressioni sull'era e la vita di oggi così pervasa dalla velocità, dal bombardamento continuo di immagini, suoni, informazioni, dall'usa e getta, dalla mancanza di tempo per riflettere, dalle parole in inglese, dagli acronimi (sms, tvb, cmq...); una società della quale, uno come lui che usa le maiuscole per sottolineare i concetti importanti, si sente parte ma anche nostalgicamente estraneo.
Si definisce riflessivo, calmo, curioso ma curiosamente ansioso, ama la letteratura, in particolare quella contemporanea, ma anche quella logorroica e parossistica.
Insieme a Raf Ferrari, Michele Villari e Andrea Colella ottimi musicisti oltre che amici nella vita di tutti i giorni ha creato il suo quartetto con cui sta girando l'Italia per la presentazione del loro primo album: "Ci prendiamo in giro di continuo - racconta - ognuno con le proprie prerogative. E' bello e penso che se non fosse stato così, se non avessi trovato in loro una grande disponibilità, logistica anche, non sarei riuscito a portare a termine il lavoro. Michele, Raf, e Andrea sono tre musicisti che avallano i progetti di musica originale, e sono a loro volta coinvolti in propri. Non credo nella fattibilità di un album con dei turnisti, è un’altra storia, non la mia, né la nostra".



TODAY. THE COMMERCIAL ALBUM


Ed eccolo, il risultato di questa storia e di questa unione: l'album d'esordio di Bonioli, si intitola TODAY.THE COMMERCIAL ALBUM. Edito nel 2011 per Zone di Musica, il disco ci invita con lievità, attraverso song ispirate ariose a tratti fiabesche ma anche brani dal ritmo funkeggiante e metropolitano, a una presa di coscienza della solitudine, dell'alienazione, della spersonalizzazione e del livellamento culturale che troppo spesso la tv e le moderne tecnologie possono provocare, specialmente nelle giovanissime generazioni che in tutto questo cui sono nate e cresciute. Ponendo alla base di tutto la sua curiosità, la sua capacità riflessiva di attento osservatore e l'amore per la melodia, con la sua la musica Bonioli descrive infatti, con sagace ironia e un pizzico di nostalgia, fatti e misfatti della società moderna, con tutti i sui simboli consumistici e spersonalizzanti.
Appartenente a una generazione “a cavallo” tra l'era della carta stampata e del cd e quella di internet e della musica liquida, il batterista e compositore romano ne coglie lati positivi e negativi, nell'intento, più che riuscito, di mettere in risalto gli aspetti più ironici e dissacranti dei nostri giorni. E lo fa attraverso un orizzonte espressivo ampio e variegato che ben denota le sue “frequentazioni musicali”: dalla finta austerità del conservatorio, al "ginepraio" jazzistico; da sempre attratto dalla musica “pop” in genere e dai "vituperati", favolosi anni 80, dalla musica da film, dal cosiddetto post-rock, dalla musica lenta, infinita, dove può anche non succedere mai niente…
Ma “Today. The commercial album” non è solo un lavoro concettuale, è anche un album musicalmente godibile, dalle curiose e originali soluzioni timbriche e un altissimo livello esecutivo.

Ecco alcune note dell'autore: “L'idea nasce dal desiderio di descrivere modestamente la società odierna, come è divenuta, cosa ne rimane. Una società sempre più convenzionale, manipolata da una tecnologia globalizzante, perfino un po' spersonalizzante, dove ormai roboticamente tutti noi aderiamo ad alcuni clichè, nel modo di comunicare, di essere, quasi obnubilati, un po' vittime, un po' complici. Non vuole tuttavia essere una critica "Orwelliana” anacronistica e retorica, piuttosto l'intento è quello di far risaltare gli aspetti più ironici e dissacranti dei nostri giorni. Come altri immagino, mi sono reso conto che, nonostante l'apparente facilità di approccio che le nuove tecnologie ci forniscono, in ultima analisi le stesse finiscono per allontanare un essere umano dall'altro. Cito l'eclatante amicizia di Facebook, calderone di “amici” mai visti, sconosciuti. La velocità di reperire tutto di tutti su Youtube e altrettanto quella con la quale in breve si dimentica quel tutto di tutti. La fretta di riversare poi ogni cosa sul nostro Ipod o Pad, così tanto per riempirlo di musica, immagini, file... insomma fenomeni del genere, oggi nevroticamente consueti. Amo internet, sia chiaro, frequento gli Outlet e volo Low Cost, e come me tutti in fila.
Dopo un arioso Intro, Today passa in rassegna simboli e misfatti di Oggi, concludendo con un melanconico Epilogo che riprende il tema iniziale sotto forma di eco, mutuato dall'inciso di Ikea.
Questo è ciò che vorrebbe essere il tema conduttore di un lavoro che forse un po presuntuosamente mi piace definire un Concept Album. Scritto in forma di canzoni, otto tracce eterogenee e commercialmente integrate, concertate da uno sguardo assente degli occhiali blu di un Grande Fratello anni ottanta che sta lì a guardare...”


Di seguito le tracce dell'album illustrate una per una dall'autore:

Tracklist
1. Intro (Andrea Bonioli)
2. I-Pod (Andrea Bonioli)
3. You Tube (Andrea Bonioli)
4. Face Book (Andrea Bonioli)
5. Grande Fratello (Andrea Bonioli)
6. Low Cost (Andrea Bonioli)
7. I-kea (Andrea Bonioli)
8. Outlet (Andrea Bonioli)
9. No Bday (Andrea Bonioli)
10. Epilogo (Andrea Bonioli)

1. Intro (Andrea Bonioli)
Fondamentale per me, per la mia poetica musicale. Contiene già tutti gli elementi dell’intero lavoro, con l’intento di proiettare l’ascoltatore in una dimensione psichedelica, preannunciando e privilegiando la melodia come grande comune denominatore.

2. I-Pod (Andrea Bonioli)
Doveva essere un mezzo per facilitare la riproduzione musicale ovunque ed in grande quantità… è diventato un oggetto del quale ci si scorda il contenuto, il peggior modo di veicolare la musica, soprattutto i dischi con un capo ed una coda. E’ diventato un blue’s, modaleggiante, sul quale ci si scambiano diversi stati d’animo.

3. You Tube (Andrea Bonioli)
E’ forse il brano al quale sono più affezionato. L’arpeggione iniziale simboleggia l’errare di un ricercatore di cose imprecisate, nello sconfinato mondo interattivo… chissà se troverà quello che cerca, se troverà qualcosa, qualsiasi cosa…

4. Face Book (Andrea Bonioli)
La facebook-mania ci ha contagiato più o meno tutti, come negarlo, la cosa che però più mi fa sorridere è che ormai si posta davvero qualsiasi cosa, vacuo ed inquietante desiderio-necessità di dire tutto a tutti…sempre, e l’importante è che sia in tempo reale! Il riff ritmico ad aumentazione simula l’enfasi che cresce quando da un post ne scaturisce una discussione infinita... allora ci siamo, siamo vivi… wow… poi però si torna da dove si è partiti, cioè l’io di fronte al PC, null’altro.

5. Grande Fratello (Andrea Bonioli)
Non so se si intuisce un po’ scimmiottato l’Inno di Mameli nella terza fase tematica di questa micro suite…inutile satira, solo un po’ di rammarico melanconico che anche tutti Noi ci siamo pieagati alla volgarità di tutto ciò che ci pilota, ci forgia, ahimè. Coatta vetrina che non ci rappresenta più, neanche forse chi non ha i mezzi per emanciparsi da ciò...

6. Low Cost (Andrea Bonioli)
Mi diverte sempre molto volare low cost, inizialmente ci sembra di essere in una grande famiglia, dove ci si arrangia un po’… ognuno fa quello che crede... l’alea dell’improvvisazione ci svelerà se poi i nostri conduttori arriveranno sani e salvi a destinazione…

7. I-kea (Andrea Bonioli)
La lunga introduzione di batteria vuole simboleggiare la costruzione casalinga autogestita che tornando convinti dopo un pomeriggio da Ikea ci tocca “improvvisare”… appunto, nonostante l'omino-ikeo sia lì a darci istruzioni... speriamo non caschi tutto.

8. Outlet (Andrea Bonioli)
Cos’è l'Outlet se non un posto meraviglioso, in un modo meraviglioso dove tutti i sogni, materiali, si possono realizzare? E’ davvero così?... una spensierata ballad e passa la paura.

9. No Bday (Andrea Bonioli)
Del No B-Day mi ha divertito sempre il concetto stesso… siamo riusciti a far pubblicità a B. o C., S. che dir si voglia, allestando una giornata in suo Sfavore… grottesco… spero e penso che la gente italiana volti pagina. Con le idee, però.

10. Epilogo (Andrea Bonioli)
Il Re oltre essere la prima nota è anche quella conclusiva, ho voluto escludere batteria e fiati per da più respiro a questa specie di tema-litania, che si incrocia con l’inciso di Ikea, mutuato dall’intro… tutto sotto forma di echi, è la fine, in maggiore, nonostante tutto, piuttosto fiduciosa per il futuro.


E ancora a proposito del disco ecco una bella intervista a Bonioli:

INTERVISTA
ANDREA BONIOLI



Con “Today. The Commercial album” sei al tuo esordio discografico da solista, parlaci di questo esordio: come lo vivi e cosa ti aspetti nel prossimo futuro?
Inizialmente con parecchia ansia, il dover pensare sempre a tutto io a volte mi succhiava molte energie, poi ho cominciato a capire e vedere che la gente si comportava con me come con qualsiasi altra proposta, nel senso che ho capito semplicemente che ciò che uno ha da dire può piacere o anche no... e questo paradossalmente mi ha rilassato. Spero nel futuro di fare tesoro di questa comunque splendida esperienza, un esordio per me sentito ed ispirato, e dedicato.

Qual'è stato il tuo percorso culturale e musicale fin'ora? Che tipo di musica ascolti nel quotidiano e che cosa maggiormente ti ispira/influenza nel tuo lavoro?
Il mio è stato e lo è tuttora un percorso misto, nasco come rockettaro, poi mi epuro, incappo nella finta austerità del Conservatorio, atterro molle sul ginepraio jazzistico. Questo in soldoni, ma sono sempre stato attratto dalla musica “Pop” in genere, dai vituperati, favolosi anni 80, dalla musica da film... negli ultimi anni ascolto molto il cosiddetto Post-Rock, sballo per la musica lenta, infinita, dove può anche non succedere mai niente…

Come descriveresti la tua musica a chi si accinge ad ascoltarla?
Il termine “Post” che ho tirato fuori poco fa sembrerebbe stavolta calzare a pennello… potrei rispondere erroneamente pop-jazz o post-jazz, ma mi sentirei presuntuoso nel farlo. Non so, io scrivo dei temi più o meno ispirati a qualcosa, ed è questo che mi piace che venga colto, poi ognuno ne potrà fare ciò che riterrà più opportuno; è così che è andata…

Torniamo al disco, un concept album particolarmente legato alla modernità a partire dal titolo stesso: cosa vuoi comunicare a chi ascolta, il tuo lavoro vuole rappresentare una provocazione o più una semplice, ironica constatazione sui tempi moderni?
Entrambe le cose. Ci tengo a sottolineare che forse prevale la sfaccettatura ironico-satirica, più che quella di critica anacronistica, che certo non spetta fare a uno come me che è assolutamente dentro a tutte le cose che descrive. Mi piacerebbe, però, che soprattutto le nuove giovanissime generazioni, quelle nate già dentro la nuova era telematica, non si accontentassero di ciò che viene loro proposto e indotto, che andassero oltre. Internet dovrebbe essere per me un Mezzo e non una Fonte, questo potrebbe generare appiattimento, globalizzazione e spersonalizzazione. Pier Paolo Pasolini, di cui mi sono permesso di riprendere un pensiero nel libretto del cd, aveva già capito tutto 35 anni fa, dove i nuovi mostri erano altri, ma il meccanismo lo stesso…

Tu come vivi la modernità? Sei più per l'I-Pod o per il vinile? You tube o film in bianco e nero? Facebook o quattro amici al bar? Ikea o mercatini dell'usato?
Credo che quelli della mia generazione abbiano ancora fatto in tempo a capire il concetto che ho prima cercato di enucleare, per cui , come detto, sento di avere sviluppato sufficientemente gli anticorpi per non farsi invadere e devastare dalla nuova tecnologia. Come dire, ci sono certe volte che le serate al bar con 4 amici sono peggio che chattare su facebook, ma di certo ascoltarsi un disco fisico su un impianto vero è tutta un'altra storia… insomma un po’ e un po’, ma di certo sono sicuro che sarà difficile che un musicista si accontenti e adegui solo ai nuovi metodi di erogazione e produzione della musica. Io penso che noi, laconicamente, ancora desideriamo avere in mano il cd di cartoncino, aprirlo, toccarlo. Poi magari si spedisce via internet, straordinario veicolo di pubblicità, ma in libreria ci deve essere qualcosa che occupi qualche spazio.

In un periodo negativo come quello che stiamo vivendo come ti piacerebbe che il tuo disco venisse percepito? C'è una qualche “funzione” che la musica secondo te dovrebbe avere? Di denuncia, di evasione, di stimolo? La tua musica a che punto si pone?
Mi fa molto piacere questa intelligente domanda. Beh sì, non nascondo che la seconda parte del titolo vorrei che assolvesse, nel mio piccolo, ad una funzione di denuncia e di provocazione. Innanzitutto la parola “Album”. Si è del tutto smarrita l’accezione che tal parola ha. Scrivere un album è secondo me un’ operazione complessa, di cui spesso ci si dimentica, si ascolta mezza traccia di qua… se ne vede un altro intermezzo di là, si skippa avanti e indietro troppo nevroticamente. Chiedo a tutti voi, quant’è che non ascoltate un cd dall’inizio alla fine? Un tempo la scelta era tra un artista o un altro; adesso domina l’anarchia, l’entropia acustica e di scelta, direi. Quindi bisognerebbe rieducarci oltre che all’Oggetto Cd, anche all’Concetto Album, che non dovrebbe essere un contenitore di canzoni. Cosa che invece è soprattutto per i nuovi “talenti” freschi freschi ti talent show, più o meno pilotati, che ad un certo punto hanno il problema di fare altre 7 tracce per “fare il disco “ e il tour, prima che l’autunno successivo li cancelli e si prepari al confezionamento di una altro prodottino commerciale. Ecco perché l’aggettivo Commercial. Sembra che per avere visibilità non si possa in questo nefasto periodo aderire o all’iter dominante (real tv-san remo-tour estivo-nulla) oppure niente, applaudendo, si fa per dire, qualche reunion improbabile di band del passato, spesso rivitalizzati in modo tale che nemmeno loro se ne siano resi conto. Tempi bui, ma noi non molliamo.

Come nascono le tue composizioni? Viene prima il concept a cui ti ispiri per comporre, oppure componi di getto per poi rintracciare un concept dalla musica stessa?
Di solito scrivo di getto, spesso mi capita di essere nel posto sbagliato e nel momento peggiore, ma difficilmente mi siedo a tavolino e decido di scrivere quel brano, non ci riuscirei mai! Certo, poi senza dubbio credo che in un Album si debba mantenere un filo conduttore sia di poetica che di scrittura musicale, scelte timbriche e tecniche, ma comunque il momento compositivo è e rimane per me il punto di partenza, genuino, se capita bene, altrimenti bisognerà aspettare.

Nel tuo curriculum vengono annoverate diverse prestigiose collaborazioni, sia in ambito jazzistico, sia nella musica da camera che nella musica leggera: cosa ami o utilizzi di questi generi?
Come ho avuto modo di dire poco fa io provengo da differenti ambiti musicali, anche molto eterogenei tra loro. Avere avuto la possibilità di collaborare con degli artisti di chiara fama è sempre un privilegio, anche se delle volte si rimane delusi poi dal discutibile lato umano di alcuni di essi, ma questo non ha importanza ai fini del valore aggiunto che ti danno alcune partecipazioni. L’Orchestra per me è stata formativa, da quell’amibitus credo di aver erdeditato un po’ la costruzione contrappuntistica e di senso compiuto dei miei temi, come è chiara la mia attrazione verso la musica per immagini in genere, che ho la possibilità di esplorare e suonare da diversi anni con alcuni tra i più grandi compositori del settore. In ambito jazzistico invece mi sento più vicino alle recenti formazioni che sempre più con naturalezza sembrano lentamente abbandonare gli stilemi dello "swing”, del “bebop”, che amo e apprezzo ma da cui mi sento un po’ lontano. Suonare poi con i grandi nomi ti insegna più di tanti anni di scuole e pezzi di carta, francamente.

Nei live che spazio date alla composizione e all'improvvisazione?
Uno spazio grandissimo alla composizione e all’esposizione tematica. Fosse per me, a volte, i brani si potrebbero anche concludere senza necessariamente improvvisarci sopra, anche se questa rimane la ratio del jazz, appunto, ma credo davvero che il jazz stesso sia ormai il genere pioniere dell’innovazione, all’interno del quale, proprio per la nota libertà concessa, si può spaziare utilizzando forme, ritmiche, suoni, temi più contigui ad altri generi… cioè, in ultima analisi, mi piace pensare al jazz come un linguaggio estetico più che come ad un escamotage per far sfarzo delle doti pirotecniche dell’esecutore, lo dico con grande umiltà, credo che così possa arrivare il messaggio anche ai non addetti ai lavori. Infine, con tutto il rispetto parlando, mi sento assai lontano dall’ambito del free jazz, o forse non lo capisco e basta…

Progetti futuri?
Credo quelli di tutti coloro che hanno qualcosa da dire, o che ingenuamente credono di averlo, cioè scrivere altri lavori. Estendere anche al teatro alcune cose mi piacerebbe tanto, credo e confido in questo connubio, vincente.



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*Viste le premesse può sembrare un controsenso per questo vi raccomandiamo un uso intelligente non compulsivo di questi mezzi! ;-)



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