martedì 7 giugno 2011

JETZ LAG, THE POSSIBILITY OF FUTURE

Parliamo di un trio di promettenti musicisti di San Benedetto del Tronto (AP)


Marco Macci: piano
Roberto Sanguigni: basso
Nicolò Di Caro: batteria


Il jet lag (spesso indicato come "mal di fuso") o disritmia, discronia o ancora disincronosi carcadiana, è un disturbo che si verifica quando si attraversano vari fusi orari, come avviene nel caso di un lungo viaggio in aereo. Un'alterazione di ritmo dunque, proprio come accade nel jazz, in cui i cosiddetti tempi deboli (o parti deboli della battuta) non vengono eseguiti attenuati come nella musica eurocolta, ma sono addirittura accentuati perfino più dei tempi forti; una sorta di “democratizzazione” dei valori ritmici, come si suol dire...
Da questo termine, Jet Lag e dalla confusione che crea con il termine Jazz deriva il loro nome: JETZ LAG TRIO.


Li abbiamo conosciuti una sera, li abbiamo ascoltati suonare e raccontarsi, Nicolò Di caro, Marco Macci e Roberto Sanguigni, giovani musicisti dall'aria di bravi ragazzi, educati e pieni di sogni, con tutto l'entusiasmo e le contraddizioni della loro età: 22 anni, tutti e tre.
Studiano il jazz, lo esplorano, frugano nel passato e nel presente, perlustrano le infinite possibilità espressive e i variegati linguaggi di questo gigante decantandoli e scegliendo la loro declinazione, la loro voce nel jazz... sognando di farlo diventare una vera professione. Da questo punto di vista, come tanti giovani, si trovano anche loro ad incontrare qualche difficoltà, dovuta a tanti fattori ma soprattutto, precisano, al fatto di non essere presi sul serio: «Quella del musicista – dicono – non è vista come una vera professione ma più come un passatempo e quando ci invitano a suonare è più come se ci chiedessero un piacere. Da questo derivano tante inaccortezze che potrebbero essere evitate se si diffondesse una mentalità diversa». Non vedono però solo il bicchiere mezzo vuoto, ma sanno anche cogliere fattori positivi del loro ambiente: «Fortunatamente c'è qualcuno che si salva: persone disinteressate o associazioni culturali che credono in quello che fanno assumendosene anche i rischi, che sono sicuramente elevati, ma lo fanno per trasmettere qualcosa agli altri. In linea di massima, però, prevale la mentalità dell'oggi per oggi senza la voglia rischiare investendo energie in progetti a lungo termine».
Per il momento, dunque, studiano e fanno tanta gavetta suonando nei locali, nei pub e in alcune occasioni istituzionali che li valorizzino maggiormente.








Il Jetz Lag Trio nasce dalla collaborazione di Marco (pianoforte) e Nicolò (batteria) e dalla loro comune passione per il jazz. Nei loro progetti hanno sempre mantenuto un obiettivo primario: lo studio della tradizione jazzistica e la sua reinterpretazione e riarrangiamento secondo una propria chiave di lettura. Quest'ultima subisce fortemente l'influenza e lo studio della corrente musicale newyorkese di jazz contemporaneo (Robert Glasper, Aaron Parks, Kendrick Scott) che il Jetz Lag Trio riversa nelle proprie composizioni. Lo stile spazia tra swing classico, e acid jazz, alternando tratti “soffici” a momenti più concitati e briosi e la loro tecnica è davvero notevole.
Merito dell'impegno che mettono nello studio e nell'esercizio e merito sicuramente anche dei loro ottimi insegnanti tra i quali possono annoverare nomi quali Israel Varela, Massimo Manzi, Stefano Travaglini.
Ascoltare la loro musica è un piacere oltre ad essere un'esperienza stimolante poiché quello che vogliono far passare è il messaggio secondo cui la musica, in quanto opera d'arte, può anche sperimentare ed essere provocatoria: «Ci piacerebbe che la gente apprezzasse anche il fatto che dietro una composizione musicale c'è un'idea e un lavoro e anche un messaggio, un'espressione di creatività».

Anche ascoltarli parlare è sorprendente: è sorprendente scoprire come tre ragazzi così giovani abbiano le idee tanto chiare e un notevole senso critico; è sorprendente perché di solito quelli della loro età non amano il jazz ma preferiscono qualcosa di più orecchiabile; è sorprendente il loro impegno e la loro tenacia ed è sorprendente la loro consapevolezza e preparazione culturale, merce rara di questi tempi!
Pertanto auguriamo loro di continuare così, provando e mettendosi sempre in discussione, alla ricerca del loro suono, del loro tocco personale senza mai perdersi per viam.


STRALCIO DELL'INTERVISTA AL JATZ LAG TRIO
  1. Come descrivereste la vostra musica?
Innanzitutto mentre suoniamo studiamo, cerchiamo di fare bene le cose, di studiare le partiture, gli arrangiamenti, vogliamo reinterpretare la tradizione jazzistica del passato sia attraverso la rielaborazione di standards jazz sia componendo pezzi nostri inediti.
  1. Quale artista/genere musicale vi influenza/ispira?
Principalmente una corrente jazzistica newyorkese di cui fanno parte Aaron Parks o Robert Glasper. È una nuova corrente che adesso va molto a New York nel jazz. Però ci ispiriamo sia ai classici che ai moderni, cerchiamo di essere ambivalenti
  1. Ci sono artisti con cui vi piacerebbe collaborare?
Nicolò: mi piace molto Gretchen Parlato, una cantante jazz bravissima ma sono talmente tanti che abbiamo difficoltà, anche Robert Glasper ad esempio.
  1. Suonate solo per passione o intendete dare a questa attività una piega professionale?
Piega professionale su tutti i fronti!
  1. Alla vostra età molti preferiscono altri generi, considerando il jazz qualcosa di ostico e noioso. Dunque perché avete scelto di suonare jazz?
Perché pensiamo sia uno dei generi che lascia molta più libertà rispetto agli altri. Negli altri generi c'è una concezione musicale un po' più rigida, mentre il jazz ha tante sfaccettature, derive che vengono offerte da tutto il mondo attraverso varie contaminazioni, accoglie tutto, è libero e da spazio all'espressione personale
  1. Che cos'è secondo voi il jazz oggi? Pensate che sia un genere ormai morto o che abbia invece preso altre forme? Quali?
Nel mondo il jazz è vivo e vegeto. Parte da quello americano ma non si ferma lì anzi ognuno mette la propria voce nel jazz. Quello degli standards rappresenta un canovaccio, una base per partire, anche se la maggior parte della gente ha un'idea del jazz condizionata da questi standards ormai obsoleti e che quindi risultano anche noiosi, per molti triti e ritriti.
In realtà esistono tanti musicisti come, ad esempio, Avishai Cohen che fanno un jazz molto contaminato dalla propria cultura e tradizione, in questo caso ebrea/israeliana, non perdendo il linguaggio jazz. Il jazz ha ancora molto da esprimere.
  1. Quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro?
Sicuramente continuare a studiare e scrivere composizioni nostre, reinterpretare brani famosi alla nostra maniera e cercare di cogliere più aspetti della musica e tutte le possibilità espressive che essa offre aprendoci, magari, anche ad altri generi.

ALCUNI LINK:

JETZ LAG

LINK CORRELATI

KENDRIK SCOTT: Profilo di K.S.

STEFANO TRAVAGLINI: http://www.stefanotravaglini.com/

1 commento:

  1. Grandi regaz, bell'articolo e sagge parole nell'intervista. Keep on!
    Vins

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